Nascondino in tempi di guerra

Si avvicinava Natale 2014, ma in Algeria non si sentiva l’atmosfera della festa: niente alberi decorati, niente profumo di cannella e spezie nei dolci, niente preparazioni e shopping.
All’epoca ero mamma della mia bimba di 5 anni e mezzo, che frequentava la scuola italiana di Algeri.
Le vacanze natalizie erano già prenotate in Italia, ma con gli amici ed i compagni di scuola pensavamo di organizzare qualche festeggiamento anche sul posto.
Io sono una persona semplice, e a volte troppo naïf. Ho tante idee e cerco di condividerle con le persone, mi piace l’idea che con le nostre mani possiamo costruire un “futuro migliore”.
Da quando ero arrivata in Italia, avevo iniziato a riguardare alcune delle mie convinzioni e conoscenze. Non che quelle precedenti fossero buone o brutte, ma erano semplicemente diverse e con luce diversa le riguardavo e decidevo se tenerle o abbandonarle.
Mi piaceva il Natale che ho conosciuto in Italia. Io sono stata una bambina sovietica, sono cresciuta in una grande città industriale, non avevo questo bagaglio culturale delle feste di Natale in famiglia, e alcune conoscenze acquisite ancora da bambina tornavano, come –avevo detto prima, con una luce nuova.
Da piccola adoravo le favole di Hans Christian Andersen, ma le ho capite fino in fondo solo “assaggiando” il Natale italiano.
Inizialmente alcune cose non mi erano molto chiare, visto che la religione nell’URSS “non esisteva”, anzi dall’età di 11 anni circa era obbligatorio partecipare “club dei giovani atei”.
La Piccola Fiammiferaia era una delle favole che mi piacevano, ma, come tante opere letterarie, nell’URSS questa favola era oggetto della “forbice” della propaganda e censura sovietica: era il mezzo per far vedere ai ragazzi sovietici come i capitalisti trattano i loro bambini.
Quando ho visto il libro “La piccola fiammiferaia” in un negozio di libri a Milano ero felicissima e l’ho acquistato subito. Mia figlia ha sempre adorato i libri, e appena mi ha visto con il libro nuovo mi ha chiesto di leggerlo. Camminando insieme glielo leggevo e non appena l’ho finito si è messa a piangere disperatamente, non riusciva a calmarsi, domandandomi “perché nessuno l’ha aiutata?” “I bambini non devono morire” – diceva.
I passanti mi guardavano male, chissà cosa pensavano di noi e del pianto disperato di mia figlia. Ma mentre la abbracciavo per calmarla mi interrogavo se non era ancora troppo piccola per questo tipo di storie. In quel momento è nata la risposta, con cui sono andata avanti e vivo adesso: le lacrime dei bambini possono essere diverse. Un bambino può piangere perché non gli hanno comprato il giocattolo o il gelato, ma anche perché ha colto l’ingiustizia e non sa ancora cosa fare con questo sentimento. Quindi, il mio compito come genitore dovrebbe essere guidarla in questo percorso, come in tutti gli altri, come mangiare, camminare, leggere.
Ma torniamo ad Algeri.
Avevo proposto a un gruppo di mamme, con cui passavamo più tempo insieme, ad organizzare per il Natale una merenda speciale, in cui avremmo guardato un cartone “La Piccola fiammiferaia” dove le parole sono sostituite dalla musica, una lingua universale per tutti.
Avremmo spiegato ai bambini cosa vuol dire Natale, perché si celebra, cosa c’è dietro questo periodo pieno di regali e cibo in abbondanza, che viviamo noi in Italia.
Ero molto stupita quando mi hanno chiamato alcune mamme e mi hanno accusato di voler togliere l’infanzia ai bambini, che ho i modi sadici sovietici(!) in testa e che è una festa e basta con le prediche.
Devo confessare che sono rimasta male, perché non me l’aspettavo.
Non capivo perché loro sottovalutano i loro bambini, credono che non possono capire che, quando vedi una persona in difficoltà, a volte basta poco per cambiare la sua vita. Niente. La morte non è l’argomento da trattare con i bambini. Neanche la povertà, se stai bene.
Al Natale 2014 ad Algeri ha vinto la tombola. Divertente e spensierata.
Ho deciso di continuare il percorso da me scelto con mia figlia.
Lei ha letto “Il diario di Anna Frank” da sola a 8 anni e ha scritto una lettera ad Anna…. e per questo che ho scoperto che aveva letto il libro.
E poi il libro “Non dirmi che hai paura” sulla bambina annegata nel Mediterraneo, la cui carriera sportiva che sognava non ha avuto possibilità di compiersi.
Perché lo ricordo adesso? Perché oggi vedo tanti italiani infastiditi dalle notizie di guerra, dalle morti. Il fastidio provocato li porta a desiderare la pace a ogni costo. Pace non per raggiungere PACE, ma per togliersi fastidio e non essere coinvolti “nelle cose brutte”.
Sembra che la paura di essere al posto degli ucraini e soffrire come loro spinga alcuni a negare quello che succede, trovando tutte le scuse a favore dell’ aggressore. Mi dispiace tanto. No, non per gli ucraini che sanno perfettamente perché resistono, ma per gli italiani che “guardano” la guerra con gli occhi chiusi, che in tutti i modi cercano di non vedere e dare colpe a tutti tranne che al colpevole, e in questo modo sentirsi, per il momento, al sicuro.
Si comportano proprio come un bimbo che gioca a nascondino con i grandi e si “nasconde” coprendo gli occhi.
Purtroppo noi non siamo bimbi e intorno non ci sono adulti che vogliono giocare o sostenerci nel gioco.
Oggi NOI siamo gli adulti, che devono informarsi, capire la situazione e il pericolo, e cercare in tutti i modi proteggere la vita non solo nostra, ma di tutti altri di cui siamo responsabili.
È arrivato il momento di essere adulti e decidere se vogliamo capire cosa c’è dietro ogni parola o evento, qual è il suo significato e l’origine, che porta al risultato che vogliamo ottenere.

Pace – possiamo leggere nel dizionario Treccani – è “Condizione di normalità di rapporti, di assenza di guerre e conflitti, sia all’interno di un popolo, di uno stato, di gruppi organizzati, etnici, sociali, religiosi, ecc., sia all’esterno, con altri popoli, altri stati, altri gruppi”.

Se c’è un aggressore che non vuole Pace- perché aveva coltivato il suo desiderio di espansione da più di 20 anni del suo potere dittatoriale- , non ci si può aspettare che si arrenda mangiando solo un boccone di un pasto intero che pregustava da lungo tempo.
Fermarlo in tempo in modo deciso è l’ unico comportamento da adulti che possiamo adottare se vogliamo una vera pace, e soprattutto la giustizia per tutti bambini e adulti che a causa di questa guerra ingiustificabile hanno perso le loro vite.

Tetyana Bezruchenko
Cittadina italiana dal 2008, residente a Milano, nata a Mariupol, membro fondatore del Centro culturale Wikiraine, responsabile della citta di Milano e Provincia dell’associazione culturale europea italio-ucraina Maidan