Racconto di Stanislav Aseev, ex prigioniero di Izolyatsia.
Fino al 2014, la parola “guerra” per gli abitanti dell’Ucraina era più associata ad eventi del passato: la Seconda Guerra Mondiale o la guerra in Afghanistan. Era familiare ma incomprensibile per la maggior parte delle persone in questo Paese. Tuttavia, con una leggera spintarella da parte del vicino del nord-est, questa terribile parola è tornata a far parte della vita degli ucraini. I “liberatori” russi hanno stabilito il loro potere in alcune parti delle regioni di Donetsk e Lugansk e, con l’aiuto dei loro fedeli servitori, hanno trasformato la regione in un inabitabile “deserto”.
Se analizziamo la situazione solo a Donetsk, la più grande città occupata dalle forze ibride della Federazione Russa, vedremo che la sua popolazione è notevolmente diminuita e, secondo i resoconti dei separatisti e nei loro video di propaganda, si può vedere come la città sia stata saccheggiata, molti edifici siano in stato di abbandono e come per la gente comune sia praticamente impossibile guadagnarsi da vivere. Allo stesso tempo, si dovrebbe tenere conto del fatto che non ci sono state battaglie nella città stessa, a meno che, ovviamente, non si contino gli scontri intestini tra i burattini russi.
Insieme alla devastazione e alle rapine, gli invasori russi hanno portato nel territorio dell’Ucraina un’altra loro usanza tradizionale: una sfilza di lager per le torture. Le informazioni sulla tortura e il sadismo nelle carceri russe arrivano regolarmente ai media internazionali, ma non in alcun giornale si fa parola di ciò che sta accadendo nell’area dell’ex sito artistico-culturale “Izolyatsia” – “Isolation”. Qui, con la collaborazione dell’FSB (il nuovo KGB di Putin) è stato creato un vero campo di concentramento, in cui i russi commettono ogni giorno torture, stupri e uccisioni.
Stanislav Aseev, giornalista ed ex prigioniero del campo di concentramento di Izolyatsia, ha raccontato ad una radio polacca:
“Izolyatsia” è il territorio dell’ex stabilimento di materiali isolanti nella città di Donetsk, ora occupato dalle truppe russe. Lo stabilimento aveva cessato di esistere e fino al 2014 c’era stata un importante piattaforma artistica per iniziative culturali che portava lo stesso nome della fabbrica: “Izolyatsia”. Questo spazio culturale raccoglieva attorno a sé personalità dell’arte e della cultura di livello internazionale .
Venivano organizzate mostre ed installazioni e infatti era stata costruita anche una pinacoteca. Nel 2014, questo territorio è stato sequestrato da militanti filo-russi. Da un lato, vi hanno stabilito la base militare delle SSO MGB (forze operative speciali del Ministero della Sicurezza della autoproclamata Repubblica di Donetsk) e, dall’altro, i locali amministrativi dell’impianto sono stati convertiti in celle per prigionieri.
Inoltre, fin dall’epoca sovietica, sul territorio dell’impianto è rimasta una rete molto ampia di rifugi antiaerei sovietici, che sono stati in parte utilizzati dai militanti e in parte per tenere i prigionieri ai quali sono stati adibiti degli scantinati separati. Ed esistono anche stanze di tortura, dove regolarmente le persone vengono torturate, solitamente tramite l’uso di scosse elettriche.
Oggi, Izolyatsia è un campo di concentramento in cui sono concentrati tutti coloro che in qualche modo sono stati considerati pericolosi per l’attuale regime dei separatisti di Donetsk. Tra l’altro, vengono utilizzati sia per gli “ukròpy” come vengono chiamati i filo-ucraini, sia per i loro stessi militanti. La metà dei prigionieri di Izolyatsia sono militanti locali o russi.
Stanislav Aseev ha raccontato, tramite la sua testimonianza diretta, le torture a cui quotidianamente sono sottoposti i prigionieri ad Izolyatsia:
Il 99% dei prigionieri di Izolyatsia subisce torture con scosse elettriche. Una persona viene portata nell’area di Izolyatsia, che si trova – vuoi l’ironia – in via Del Cammino Illuminato, 3 a Donetsk. Lì, una persona viene semplicemente calata nel seminterrato, spogliata nuda, legata con del nastro adesivo a un tavolo di metallo e gli vengono posti dei fili di solito sui genitali e nell’ano. Poi le viene versata addosso dell’acqua ed infine viene attivata la corrente elettrica.
Questa è la tortura che di solito subiscono tutti i prigionieri, comprese le donne.
Ma non c’è solo questa tortura: ci sono tutta una serie di crimini di guerra che avvengono nel campo.
Una persona viene messa “a sostenere il muro”, quando le vengono fatte allargare le gambe e le braccia, viene posta contro il muro e viene costretta a rimanere in questa posizione per un’ora, due, tre … Alcuni stanno in piedi per un giorno e talvolta due senza poter mangiare, bere e nemmeno andare in bagno. Naturalmente, se una persona è in piedi, il sangue scende tutto nelle gambe, dopodiché la persona cade, perde conoscenza ed è in questo momento che l’amministrazione si precipita nella cella e ricomincia a picchiarla.
Esiste un numero enorme di metodi simili (di tortura). A tutti gli effetti, questo è un covo di crimini di guerra e si potrebbe andare avanti con questi racconti ancora a lungo.
Nel novembre 2021, sono emerse informazioni secondo cui Denis Kulikovsky, meglio conosciuto con il nome “Palych”, era stato arrestato in Ucraina. Quest’uomo è ricordato da molti ex prigionieri del campo come uno dei principali torturatori di Izolyatsia. Abbiamo chiesto a Stanislav Aseev di raccontarci chi è Palych e come è finito sul territorio dell’Ucraina:
“Palych” è il comandante di “Izolyatsia”. Ne è stato in realtà il capo dal 2015 al febbraio 2018. Lui effettivamente è ritenuto forse il principale criminale di guerra. Forse, non solo di questo campo, ma dell’intera guerra nel Donbass, perché è responsabile di omicidi, torture, stupri, umiliazioni nei confronti della dignità umana e ha costretto i prigionieri ai lavori forzati. Inoltre, è il classico sadico psicopatico che si divertiva a torturare e umiliare i prigionieri. Alla fine, nel febbraio 2018, è stato gettato nel “seminterrato” dalla sua stessa gente.
All’inizio stava nel “seminterrato” del campo, poi gli è stata assegnata una roulotte separata nella zona industriale dello stabilimento. E in seguito è scomparso dal territorio del campo. Veniva portato lì appositamente per la tortura dei prigionieri. Se prima era lì permanentemente, viveva al secondo piano sopra di noi, dopo febbraio lo hanno rimosso e hanno iniziato a portarlo in modo specifico e mirato solo per torturare le persone. Alla fine è fuggito da Donetsk in Russia e da lì è fuggito in Ucraina, nella città di Kyiv.
Lo ha fatto perché aveva capito che aveva fatto scorrere una quantità di sangue enorme, che possedeva una vasta gamma di informazioni, principalmente sul Servizio di Sicurezza Federale della Federazione Russa, che sovrintendeva a questo luogo, e quindi ha realizzato che prima o poi lo avrebbero semplicemente ucciso. Perciò ha preso contatto con i nostri servizi speciali e gli ha offerto i suoi servigi. Non so cosa gli abbiano offerto in cambio, ma comunque, a fine aprile 2019, è finito nel territorio controllato dall’Ucraina.
I primi sei mesi circa è stato utilizzato dai nostri servizi speciali, in particolare dalla SBU, poi, per ragioni ancora per noi incomprensibili, è stato semplicemente rilasciato e per i due anni successivi ha vissuto liberamente a Kyiv. Questa è diventata cosa nota a me e Hristo Grozev, un investigatore del portale di investigazione Bellingcat, nell’ottobre 2021. Ebbene, questa informazione ha portato al suo arresto il 9 novembre.
Vale la pena aggiungere che nel marzo 2021, su iniziativa dell’eurodeputata polacca del partito “Law and Justice” Anna Fotyga, è stato pubblicato il rapporto “Izolyatsia. Voci dal seminterrato”, che ha raccolto testimonianze di ex prigionieri del campo. Allo stesso tempo, il rapporto cita i nomi dei curatori del campo della Federazione Russa, che sono Yuri Krivonos, Vladimir Butenko e Ruslan Eremichev.
Tradotto dal russo, l’articolo originale: urly.it/3n77v
Kostantin Zavinovski – in Italia dal 2001, nato a Ternopil, cresciuto a Mykolaiv, già portavoce degli imprenditori stranieri presso CNA, già redattore della rivista Geopolitica, autore del libro “Relazioni Energetiche nel Nordest Asiatico: Interessi, Sfide e Strategie di Russia, Cina e Giappone”
Omar Mirzan Iacci – Cittadino italiano, nato e residente a Milano. Laureato in lettere con una tesi di tematica storico-geopolitica e sociologica relativa all’Americanismo in Brasile nella concezione di Gramsci e Sergio Buarque de Hollanda. Ha conseguito due master in Direzione del Personale. Fin dagli studi universitari, si è appassionato all’Ucraina, alla sua storia, la cultura e l’arte di questa nazione che ha avuto l’opportunità di approfondire con frequenti viaggi. Da oltre 14 anni si occupa di gestione, selezione, formazione e sviluppo delle risorse umane per aziende multinazionali. Collabora con l’associazione culturale Ucraina+